Capitolo 124: scherzare è difficile.

Per strano che possa sembrare, anche gli scienziati sono esseri umani e ogni tanto scherzano. Ma fare ridere in un ambito come quello scientifico sembra essere più difficile che fare ridere qualche amico al pub. Una volta il comico George Carlin (credo sia stato lui) disse: “Fare il comico di professione è difficile”.

Una tradizione vuole che una tantum (spesso in corrispondenza del 1° di Aprile) sulle testate scientifiche più autorevoli escano degli articoli burla. Una delle più note fu l’articolo pubblicato sulle caratteristiche endocroniche della tiotimolina risublimata firmato da Isaac Asimov, all’epoca giovane dottorando di chimica a un passo dal difendere la sua tesi. A metà tra l’allenamento e lo scherzo, Asimov immaginava che ci fosse una sostanza capace di sciogliersi nell’acqua anche prima del reale contatto fisico con l’acqua stessa, semplicemente in base alla probabilità che venisse in futuro manifestata l’intenzione di mettere la tiotimolina nell’acqua. Tentativi fasulli venivano prontamente scoperti ed evitati: la tiotimolina non si scioglieva se l’evento futuro dell’immersione in acqua non fosse certo.

Nel 2008, Dario Bressanini, chimico ed editoralista delle Scienze, aveva scritto un esilarante pezzo sui terribili rischi del monossido di idrogeno (DHMO) e della sua terribile diffusione a tutti i livelli. Il DHMO è probabilmente più familiare ai più se rappresentato con la formula chimica H2O –> acqua.

Quest’anno, pare che Nature (ripreso da Focus) abbia tirato fuori un pezzo degno del migliore 1 di Aprile sui draghi e sul loro possibile ritorno a causa di due condizioni facilitanti: 1) la scomparsa dei cavalieri e 2) l’effetto serra che sta alzando la temperatura del pianeta.

Pare che questa volta invece lo scherzo non sia piaciuto. Infatti, Nature ha prontamente cancellato il link all’articolo e la Richard Dawkins Foundation ha scritto un post al vetriolo su questo articolo. Pare che la pietra dello scandalo sia stata la citazione al riscaldamento globale. Anche a me, l’informazione è arrivata in toni abbastanza allarmistici, che non ho condiviso più di tanto. Il che mi fa ipotizzare tre possibili motivi:

1) Non capisco i sottintesi e questo articolo è una specie di pietra dello scandalo, come  se avessero pubblicato scherzosamente un articolo che dimostrava che lo sbarco sulla luna è una bufala (No, fatevene una ragione, non credo che lo sbarco sulla luna sia una bufala).

2) Il mio background fantasy mi ha permesso di riconoscere in un nanosecondo l’illustrazione del drago dell’articolo rubata a Tolkien.

3) Sono troppo abituato all’umorismo da pub con gli amici.

Non ho ancora deciso. Vedremo che succede il prossimo 1° Aprile.

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Capitolo 123: 8 mesi in 8 righe.

1) Il tempo vola.

2) Avevo in mente di scrivere un post al mese: non ci sono riuscito. Non ne ho scritto nemmeno uno.

3) Ho superato il primo anno di specializzazione: sono sopravvissuto, ma ha impiegato il 120% del mio tempo.

4) La mission del secondo anno è fare un trasferimento. R. è ancora lontana.

5) La seconda mission del secondo anno è imparare a fare il color-doppler transcranico e delle carotidi.

6) Purtroppo la situazione di salute familiare è abbastanza brutta: non chiedete, non mi va di parlare.

7) In 1 anno non ho pubblicato un articolo scientifico: pare che pure quelli accettati, non vogliano uscire.

8) Dal 2003 ho in mente un racconto. Nell’attesa di avere tempo e voglia, è uscito un film con quella trama.

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2013 in review

The WordPress.com stats helper monkeys prepared a 2013 annual report for this blog.

Here’s an excerpt:

A San Francisco cable car holds 60 people. This blog was viewed about 720 times in 2013. If it were a cable car, it would take about 12 trips to carry that many people.

Click here to see the complete report.

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Capitolo 122: intervista di lavoro

Oggi ho fatto la mia prima intervista di lavoro, e l’ho fatta via skype con il Michigan. So che può sembrare una cosa abbastanza banale, specie nel mondo della ricerca di oggi in cui non si sa dove si starà fra 2 mesi. Ma a me on era ancora mai successo: anche quando ero stato in Belgio non avevo fatto interviste o colloqui. Ero solo partito con in tasca una lettera di presentazione e sì e no una decina di parole francesi nel vocabolario.
Per quelli come me che con le chiacchiere non ci sanno fare e che mentre parlano spesso ricorrono a parole passepart-tout non è molto facile spiegarsi in venti minuti. Comunque ce l’ ho fatta, almeno credo. Ora bisogna decidere che fare, ma questa è un’ altra storia.

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Capitolo 121: la numerologia della vita quotidiana

Ieri era venerdì 13, ma anche se vorrei evitare di parlare troppo presto, credo che oggi sabato 14 si possano tirare delle conclusioni. Ieri ho fatto la mia prima rachicentesi , che è andata benone. È poi ho finalmente ricevuto, come promesso da tempo, l’iPad da cui vi sto scrivendo e su cui appena ricominceranno le visite raccoglierò i dati della mia nuova ricerca. Insomma, per farla breve, forse ieri l’ho sfangata. 🙂

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Capitolo 120: piccoli ricercatori crescono

Mi è stato fatto notare dall’amica Michi (finalmente conosciuta  di persona dopo innumerevoli buche da parte mia) che è un po’ di tempo che non aggiorno il blog. In effetti è vero. E ovviamente ho pronte e incartate decine di scuse per giustificare la mia scarsa comunicatività. Lei è però intransigente: bisogna scrivere, dato che c’è sempre un motivo per fare altro. E su questo non ha tutti i torti.

Io comunque non è che sono stato proprio con le mani in mano. 🙂

Da novembre ad oggi, ho cercato di lavorare un po’. Ho prodotto il primo articolo dalla mia tesi di dottorato che è questo: lo studio fisiologico e l’applicazione clinica di una nuova metodica non farmacologica per curare l’emicrania. Poi ho anche partecipato alla realizzazione di quest’altro: dove la stessa ipotesi logica della malattia è stata studiata attraverso la risposta a un farmaco che si sa essere efficace. La cosa carina è che lo stesso giornale ha accettato tutti e due gli articoli e ha deciso di pubblicarli insieme sullo stesso numero :-). È una piccola cosa ma fa piacere.

E infine mi sono anche atteggiato a cultore della materia e ho partecipato alla stesura di una review su cosa è bene fare in questo tipo di studi e cosa no. E sì, ho fatto piuttosto il gradasso in questo caso.

Comunque, spero che per il momento vi basti perché non ho grossi progetti che vadano in porto a breve. Per i più nerd e gli interessati, a mo’ di trailer anticipatorio, posso dire che i prossimi studi riguardano le emozioni: principalmente il controllo della rabbia e l’empatia nei pazienti che hanno avuto un ictus.

  

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Capitolo 119: mi sa che il 13 porta sfiga.

Eccomi a scrivere dopo un po’. Confesso di non aver seguito nemmeno i miei blog preferiti negli ultimi mesi. Cosa che mi dispiace molto, perché tenermi aggiornato sulla vita di persone interessanti e piacevoli come i miei blogger preferiti mi fa sempre piacere. Anche se in qualche caso, non ci siamo mai visti. Nemmeno dopo ripetuti tentativi.

E il motivo è facile: il 2013 ce la sta mettendo tutta per rendermi la vita difficile.

In primis, è mancata mia nonna. L’unica nonn0/a ancora vivente che avevo. Mi piacerebbe dire che è stata una cosa serena e naturale visti i suoi 84 anni. Invece no. Si è rotta il femore, non si è riusciti a farla riprendere sebbene ci si è provato  e l’immobilità l’ha sconfitta in pochi mesi.

Più o meno nello stesso periodo, anche la mia salute ha visto bene di salutarmi. Anche se a tutti i controlli non sembra esserci niente di grave, la paura è stata tanta. Per ora vado meglio con un po’ di medicine ma continuo ad avere sintomi muscolari importanti e fastidiosi. E conoscendomi dovrò ancora fare altre analisi, visto che oltre a essere un ossessivo compulsivo sono anche un po’ fifone.

Ieri infine (per il momento) mi hanno anche rubato lo zaino con dentro il mio mac, il caricabatterie, e-book reader regalo della mia fidanzata (alias Ritocka, mi sa che ne avete sentito parlare), l’hard-disc esterno (dove c’era il back up del mac), due libri a cui tenevo molto, e tutti i miei blocchi di appunti e ricerche.

Ero alla cena con i colleghi/amici del dottorato a Via del Porto Fluviale. Siamo stati un oretta ed è stata anche una cena molto piacevole, come in genere è. Ma all’uscita alla macchina abbiamo trovato il deflettore posteriore rotto (è il triangolino tipico dei vetri posteriori, anche io l’ho imparato ieri), il sedile abbassato e il contenuto del mio cofano sparito. Si sono portati via anche la borsa di un mio amico F. e la carta igienica di L., la quale spero abbia trovato un rivenditore oggi anche se 1° Maggio. Altrimenti, non se la sarà passata bene nemmeno lei.

La cosa peggiore è il computer (e l’ebook reader, per motivi affettivi). Ma il computer conteneva 4 anni di lavoro, tutti i dati della mia tesi di dottorato, i dati degli articoli ancora da pubblicare, le analisi delle tracce EEG, le tracce EEG, tutte le presentazioni fatte, i power point, gli excel, i fogli di statistica, i programmi che mi ero comprato, le foto delle vacanze con Ritocka, addirittura gli audio dei quiz del concorso dell’anno scorso (una stronzata lo ammetto ma ci avevo messo impegno), tutti i racconti e i romanzi (in corso) che avevo scritto e che mi ripromettevo di finire non appena un avessi avuto un attimo di tempo.

Per farla breve tutto quello che prodotto negli ultimi 4 anni è andato. E molto è perso per sempre. Se qualcuno mi chiedesse cosa ho combinato negli ultimi tempi, oggi non saprei che dirgli. Davvero. Niente.

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Capitolo 118: la sottile linea piatta (parte prima): un’introduzione storico letteraria al mito della morte apparente.

È difficile stabilire quando un’idea diffusa diventa una leggenda urbana, e acquista insieme alle circostanze aneddotiche che l’hanno verificata il carattere tipico del mito. Il tema della morte apparente e del conseguente seppellimento prematuro ha radici antichissime fin dalla letteratura greca, sebbene un celebre esempio compare solo nella seconda metà del 1500, con l’opera Romeo e Giulietta di William Shakespeare.

Padre Lorenzo consegna a Giulietta, disperata dalle imminenti nozze con Paride una pozione che le permetterà di fingersi morta

Prendi questa ampolla, e bevi questo liquore preparato: subito ti correrà per tutte le vene un fluido freddo che addormenterà in te la vita; poiché il polso non conserverà più il suo movimento regolare, ma cesserà di battere: nessun calore, non un respiro, attesteranno che tu vivi; le rose delle tue labbra e delle tue guance appassiranno e si faranno pallide come la cenere; sugli occhi ti cadrà il velo delle palpebre, come quando la morte chiude il giorno della vita. Ogni membro del tuo corpo, privato della padronanza del movimento e della flessibilità, rigido, intirizzito e freddo, avrà l’aspetto della morte: sotto questa temporanea sembianza di mortale rattrappimento tu resterai per quarantadue ore, e quindi ti desterai come da un placido sonno” [1].

Ad oggi se questa pozione esista davvero è pura speculazione. Le ricerche mediche hanno ipotizzato che la composizione più probabile di una tale sostanza debba essere a base di derivati morfinici e di estratto di piante della famiglia delle solenaceae*.

Per quanta riguarda il tema più inquietante ma strettamente legato del seppellimento prematuro si può indicare la sua maggiore diffusione alla fine dell’Ottocento, quando le angosce di un’ampia porzione della popolazione americana ed europea furono condensate nel racconto di Edgar Allan Poe, sul tema [2]. Nel suo racconto, infatti, il protagonista dopo aver minuziosamente elencato casi di cui era conoscenza riguardo seppellimenti di persone ritenute erroneamente morte, spiega il suo travaglio dovuto al fatto di soffrire di una forma di catalessia: malattia che induce perdite di coscienza di durata anche di diversi giorni, durante le quali tutti i segni vitali risultano così fievoli da non essere percepibili.

Senza esitazione si può affermare che non c’è nulla che più terribilmente possa ispirare tanta suprema disperazione fisica e morale quanto un seppellimento prematuro. L’oppressione intollerabile dei polmoni, le esalazioni soffocanti della terra bagnata, il freddo contatto delle vesti funebri, il rigido abbraccio della stretta prigione, l’oscurità della notte assoluta, il silenzio che sommerge come un mare, la invisibile e però sensibile presenza del verme conquistatore. Tutto questo unito al pensiero dell’aria e del verde che sono sopra; e dei cari amici che accorrerebbero a salvarci se sapessero del nostro fato, mentre si sa bene che non potranno mai esserne informati, e che il nostro destino senza speranza è quello di un morto veramente morto: Tutto questo, dico, porta dentro il cuore che ancora batte un orrore grande come la più audace fantasia non può immaginare.”

Il terrore in quel tempo era così diffuso che vi era una resistenza a lasciar seppellire i corpi dei deceduti, finché non vi fossero prove fisiche incontrovertibili di morte. George Bateson fu l’inventore di uno dei mezzi più all’avanguardia nel risolvere questo problema. Inventò una bara con annessa campana, assicurata tramite un cavo fissato al battente con il polso del deceduto o presunto tale. Un semplice movimento avrebbe fatto suonare la campana e attirato aiuti. Ma, come si legge anche nel racconto di Poe, le astuzie non finivano certo qui. C’erano cripte con aperture a molla, bara deposte e tumulate ma non seppellite. O, per chi non avesse mezzi finanziari, un più tradizionale badile messo nella bara, per scavarsi una via di fuga, Un breve resoconto della vita e della (strana) morte di George Bateson è riportato nel romanzo storico (basato su un evento reale) 1885 – la grande rapina al treno di Michael Crichton, nel quale anche questa angoscia collettiva gioca un ruolo importante nella trama [3].

Poi, ciclicamente, il tema era passato, per essere risollevato di tanto in tanto da racconti aneddotici di qualche evento isolato che i media hanno rinominato sindrome di Lazzaro, con un buon effetto teatrale, ma senza nemmeno preoccuparsi di tirare fuori una motivazione razionale quando non scientifica. Di meglio aveva fatto in un bel racconto breve contenuto nella raccolta Tutto è fatidico Stephen King, in cui attribuiva un caso analogo al morso di un serpente che era sfuggito all’esame autoptico medici. Sul come si salvi il povero malcapitato del racconto Autopsia 4 vi rimando a racconto stesso [4].

Su quale sia la causa della sindrome di Lazzaro non è possibile dare una ragione. Infatti, come esemplificato con buon acume medico da King, ogni sindrome può avere molteplici cause da valutare singolarmente. Infatti “sindrome”, per definizione, altro non significa che associazione di sintomi e segni che compaiono tendenzialmente insieme.

Fine della prima parte.

* La consulenza sulla farmacologia della pozione di Romeo e Giulietta è merito di A.R., professore in pensione di Anestesia, Rianimazione e Tossicologia dell’Università di Roma.

[1] Shakespeare W. Romeo e Giulietta. Atto IV, Scena I.

[2] Poe, EA. Il seppellimento prematuro. Nei Racconti del terrore. 1993

[3] Crichton M. La grande rapina al treno. 1975

[4] King. S. Autopsia 4. In: Tutto è fatidico. 2002

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Capitolo 117: New day, new life

Da giovedì posso aggiungere al mio nome una serie di lettere a caso. Nella fattispecie, posso scrivere

Alessandro, MD, PhD.

Wow, è andata. Ho difeso la tesi di dottorato e tutto sommato penso di essermela cavata anche piuttosto bene. Ora tocca riorganizzare i prossimi mesi e il futuro e, in realtà, è toccato cominciare già da ieri. Speriamo almeno che chi ben comincia…

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Capitolo 116: countdown to 7

L’8 Nov difendo il mio dottorato. La tesi è stampata e inviata ai commissari (anche se con le feste di mezzo arriverà un po’ dopo il rotto della cuffia). Io sono esaurito. Sto preparando le slides per la presentazione.

…Had they but courage equal to desire?

WBY

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